di William Shakespeare
traduzione e drammaturgia di Angela Dematté
regia di Andrea Chiodi
con Giuseppe Aceto, Alfondo De Vreese, Giulia Heathfield Di Renzi, Caterina Filograno,
Claudia Grassi, Igor Horvat, Jonathan Lazzini, Sebastian Luque Herrera, Alberto Marcello,
Marco Mavaracchio, Alberto Pirazzini, Emilia Tibuzzi, Anahì Traversi e Beatrice Verzotti
scene di Guido Buganza, costumi di Ilaria Ariemme, musiche di Zeno Gabaglio
disegno luci di Pierfranco Sofia, coaching di Tindaro Granata
al Lac di Lugano, 9 settembre 2021
C’è nel «Sogno di una notte di mezza estate» di Shakespeare/Chiodi il buio dell’infanzia che si accende di lampi di poesia, in un parco giochi abbandonato e sospeso nella semioscurità, ben disegnato e realizzato da Guido Buganza. Il Sogno di Andrea Chiodi, prodotto dal Lac di Lugano in collaborazione col Carcano e il Ctb di Brescia, è un bel lavoro, fresco, elegante, essenziale. La drammaturgia di Angela Dematté si affida a una rima tanto delicata, quanto necessaria e sa ben sposarsi alla regia di Chiodi che al testo — asciugato ma non stravolto — fornisce un ritmo giocoso e a tratti acrobatico. Puk (Beatrice Verzotti) assomiglia a una sorta di governante cui si deve forse il racconto di quella notte favolosa, per affidare al sonno una piccola e agile principessa in camicia da notte bianca (Emilia Tiburzi). E se i ruoli dei duchi di Atene e di Oberon e Titania sono affidati a Igor Horvat e Anahì Traversi, il resto del cast è formato dagli allievi formatisi alla scuola del Piccolo Teatro che offrono alla pièce la loro giovanile energia. I litigi e battibecchi dei quattro amanti, interpretati da Alberto Marcello, Sebastian Luque Herrera, Caterina Filogano e Giulia Heathfield Di Renzi, si trasformano in una ritmata danza di corpi e parole, fra gelosie e passioni non corrisposte, dissidi destinati a chiudersi in un duplice matrimonio, alla fine. Divertenti, leggerissimi i comici artigiani di Claudia Grassi, Giuseppe Aceto, Alberto Pirazzini, Marco Mavaracchio e Alfonso De Vreese (un Bottom da tener d’occhio) che mostrano di divertirsi un fracco e di saper conquistare e tirar dentro lo spettacolo il pubblico di quasi coetanei in sala. Ciò che rimane di questo Sogno è l’energia con cui gli attori in scena hanno dato corpo alle parole, è il giocoso muoversi di un gruppo di amanti che nel buio della notte illuminano i loro cuori con litigi furiosi e abbracci passionali, ma senza mai eccedere, sempre credibili e divertenti. Sarà questa vivacità, ma sta di fatto che le parole in rima, il testo sfrondato ma non impoverito della propria poesia trovano sulla scena essenziale di Buganza uno spazio ossimorico: il profluvio di aggettivi, di intrecci di parole si contrappone all’essenzialità di quella giostra e quello scivolo che sembrano sospesi nel tempo, che forse sono poco utilizzati, ma che nel loro stare in scena disegnano un’infanzia forse definitivamente terminata, uno luogo dei giochi destinato a riflettersi nei pericolosi ma non meno inebrianti giochi dell’amore e del caso, anche quando a gestire il caso è l’inconsapevole tata. Andrea Chiodi con questo Sogno si conferma un regista raffinato e accurato, in grado di restituire un classico con rispettoso sguardo contemporaneo e si conquista l’applauso del Lac di Lugano.
Nicola Arrigoni