Spettacolo scritto, diretto e interpretato da:
Cesare Del Beato, Niccolò Fettarappa, BR Franchi, Lorenzo Guerrieri, Giovanni Onorato
Roma – Teatro Trastevere, 22 Dicembre 2021
“Never explain”, “only connect”: furono, questi, i due principi ai quali Alberto Arbasino tenne fede nel corso della sua attività letteraria. In romanzi, saggi, recensioni, reportages, la regola era una sola: montare i vari pezzi e, poi, lasciare al lettore libertà di tessere una trama che avesse, per sé, un senso compiuto. Principio applicato di quella che Umberto Eco definiva poetica dell’opera aperta, la quale richiedeva l’intervento attivo del lettore-fruitore per completarla. Il Super Eliogabalo di Arbasino è la vetta estrema di tali assunti teorici. Pagine la cui classicistica uniformità e compattezza venne smembrata a favore di parole e frasi scritte così da creare triangoli, piramidi, trapezi. E poi lunghe e interminabili liste di luoghi comuni, stereotipi, concetti svuotati di senso. Il tutto, valutato nell’insieme e storicizzandolo al periodo immediatamente successivo al Gruppo 63 e alle varie proteste socio-culturali che seguirono il Sessantotto, non fu che una grande ed efficace metafora di denuncia al caos regnante in quegli anni, di pari passo all’urgenza – nonché alla necessità – di trovare presto nuove forme attraverso le quali la letteratura potesse esprimersi e tornare ad avere quel ruolo di preminenza sociale che, nei secoli insieme alle altre arti, ha sempre avuto. La storia, il contenuto, la trama, i personaggi: in parole semplici: la letteratura intesa come romanzo, in Super Eliogabalo si confuse, fino a scomparire, con la forma (McLuhan: il mezzo è il messaggio).
Lo spettacolo andato in scena, per ora con una sola replica, al Teatro Trastevere, Super Heliogabalus, che all’opera di Arbasino si ispira, è la traduzione teatrale della teoria sottesa alla letteratura di uno dei maggiori scrittori del Novecento da poco scomparso. Ma non avendo contenuti espliciti ai quali appigliarsi, né storie, né personaggi, non restava che una strada: recuperare l’anarchia della forma, il “never explain” e l’ “only connect”, e tradurre tutto questo in un teatro dell’assurdo; dove, però, avendo la parola un ruolo marginale, conta di più la rappresentazione. Ma una rappresentazione dissacrante, che irride allo status quo aggredendolo sotto ogni profilo. Da un finto assessore alle politiche giovanili preso a caso fra il pubblico, fatto accomodare sul palco e reso oggetto di scherzi goliardici; a tematiche quali: il diverso, l’integrazione dei popoli, l’immigrazione, le finte tavole rotonde intellettuali che si vedono nei salotti televisivi: di tutto questo si è mostrato il lato fatuo, ormai depauperato dal senso, attraverso un’ostentazione di forme e schemi somiglianti a orpelli più che a espressioni vere e proprie.
Una chiave che ha consentito ai vari attori – Del Beato, Fettarappa, Franchi, Guerrieri ed Onorato –, tutti giovani e molto bravi, di divertirsi e di non dover nascondere necessariamente il loro godimento dietro una maschera da interpretare.
Spettacolo divertentissimo e che, forse, sarà il felice preludio di una nuova forma teatrale.
Pierluigi Pietricola