di William Shakespeare
regia Carlo Orlando, Eva Cambiale
traduzione: Patrizia Cavalli
con Eva Cambiale, Gaia De Giorgi, Iacopo Ferro, Carlo Orlando, Juno Milo Prunotto
e i ragazzi della Compagnia del Barone Rampante: Matteo Alienda, Francesco Arecco, Francesca Bianco-Tonetti, Caterina Bussa, Sofia Calli, Edoardo Canale, Nina Canfora, Lorenzo Carnielo, Asia Damele, Lorenza El Ghadbane, Elia Farinazzo, Cristina Gandolfo, Angelica Girello, Aurora Mileto, Eleonora Oberto, Maddalena Orlando, Giorgia Pastorino, Pietro Ramello, Irene Vignola; coreografie: Claudia Monti; scene e costumi: Lorenzo Rostagno, Laura Pontiggia; assistenti alle scene e ai costumi: Giada Granero, Lucrezia Corsa; trucco: Lorenzo Rostagno; fonica: Claudio Torlai; luci: Michele Abrate; coordinamento: Marcella Rembado; produzione Compagnia del Barone Rampante.
Borgio Verezzi, Piazza S. Agostino, 30 luglio 2024
Nell’allestimento della Compagnia del Barone Rampante del Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare sono in scena ventidue ragazzi, alcuni oramai allievi di teatri nazionali, altri più giovani, al loro primo incontro con la scena. La compagine drammatizza una favola d’amore in cui i giovani innamorati del testo sono poco più grandi dei loro interpreti. Come si legge nelle note di regia, “le creature del bosco appaiono nei loro tratti selvatiche e ferine, elfi e fate come piccoli selvaggi, scalzi e dal volto dipinto, spiritelli incantatori dalle sembianze di spaventapasseri guidati dai sovrani del bosco, vestiti di elementi che fanno da eco alla mitologia greca”. Gli attori, alcuni impegnati, come era allora prassi, in un doppio ruolo, costruiscono uno spazio scenico fatto in parte di elementi naturali per quanto riguarda il bosco, luogo di mistero e intreccio, reso da canne fissate su cinque supporti con ruote. Il bosco è in contrapposizione alla corte, spazialmente netta, costruita su linee e geometrie, in cui il bianco e il rigore, definiscono un luogo di razionalità e potere. Le eleganti partiture fisiche e il movimento scenico sono curati da Claudia Monti, coreografa e formatrice, collaboratrice già in Amleto e in altri spettacoli. La traduzione utilizzata, con opportuni adattamenti è quella di Patrizia Cavalli. Diretto con mano felice da Carlo Orlando e Eva Cambiale, interpreti anche delle doppie parti di Teseo/Oberon e Ippolita/Titania, ha affascinato il pubblico accorso in gran numero. Ancora una volta la compagine è stata capace di regalare una rappresentazione fiabesca, che parla al cuore e all’intelligenza dell’uditorio. La commedia, della durata di un’ora e mezza, sviluppa quattro trame amorose. La prima, di genere classico, è costituita dalla dinamica dell’imminente matrimonio del duca di Atene e della regina delle Amazzoni, da poco sconfitta in battaglia; la seconda, di genere romantico, consiste in un quartetto d’amore, che implica i mutevoli rapporti sentimentali di due ragazzi e due ragazze; la terza, di genere realistico, è data dall’allestimento di una recita in onore delle imminenti nozze principesche da parte di sei rozzi artigiani; la quarta, di genere fiabesco, con riferimenti alle tradizioni popolari medievali e agli aristocratici masques, vede il tempestoso rapporto di Oberon e Titania, rispettivamente re delle Ombre e regina delle Fate. Ogni genere è evidenziato non solo dai nomi degli attori appartenenti ai vari intrecci: nomi greci antichi, nomignoli elisabettiani ed altri derivati delle tradizioni popolari, ma anche dalla mescolanza di diversi livelli linguistici. Scritta tra il 1593-94 e il 1596, la commedia orchestra con simmetria di ritmo il mondo della realtà (Teseo, Ippolita e le due coppie di innamorati) e quello della realtà del teatro (il gruppo dei comici artigiani), dal mondo della fantasia e da quello ultraterreno, espresso dalle fate e dagli elfi che popolano il copione. Il testo vede l’incrocio di diverse storie: Ermia si rifiuta di sposare Demetrio perché ama Lisandro; Demetrio inizialmente non ama, pur avendola corteggiata in passato, Elena, che pure desidera sposarlo; Elena, che è amata prima da due uomini, non viene dunque all’inizio ricambiata. Ermia e Lisandro, seguiti dall’altra coppia, fuggono nel bosco che sorge vicino ad Atene, per sposarsi segretamente. In questo spazio le due coppie sono vittime di incantesimi di Oberon, re delle Fate, in contrasto con Titania, per un paggio indiano al servizio della regina delle Fate. Per ottenerlo Oberon chiede al folletto Puck, che è al suo servizio, di procurargli un fiore, il cui succo, deposto sulle palpebre di un dormiente, lo fa innamorare della prima persona che vedrà al risveglio. Con questo fiore Oberon cerca di conquistare Titania. Gli incantesimi cambiano varie volte gli affetti degli amanti arrivando a travolgere la stessa regina delle fate, che si innamora del tessitore Nico Botto, tramutato in asino. L’uomo, reso bene da Pietro Ramello, si trovava nel bosco assieme ad altri popolani per le prove dell’intermezzo sopra ricordato, la cui funzione è quella di fare la parodia dei modesti mezzi di cui disponeva allora il teatro. Svaniti gli incantesimi, i fuggitivi vengono perdonati e le coppie si sposano. La pièce si conclude con la rappresentazione di Piramo e Tisbe, che appartiene ad un mondo doppiamente fiabesco, che nel finale viene recitata da Nico Botto e dai suoi compagni. La commedia celebra le follie d’amore e l’arte teatrale capace di dare concretezza visiva ai sogni. Fra continui equivoci e litigi l’intermezzo andrà in scena sotto forma di farsa prima che nel finale le coppie si ricompongono secondo le ragioni del cuore. Lo spiritello Puck è triplicato. Ad interpretarlo con bravura sono Juno Milo Prunotto, Sofia Calli e Eleonora Oberto. Puck si diverte nel gioco degli equivoci e delle soluzioni volta a volta inventate. Utilizzando costumi sobri e scenografie essenziali ed efficaci, firmati da Lorenzo Rostagno e Laura Pontiggia, coadiuvati per le luci da Michele Abrate, i due giovani registi, danno vita ad uno spettacolo gioioso e ricco di suggestioni, nel quale il succedersi degli avvenimenti sui vari piani della realtà, del fantastico e del grottesco, raggiungono unità e coerente misura. Tutti gli interpreti vanno lodati: dall’agile recitazione di Edoardo Canale, Lorenzo Carnielo, Irene Vignola, Gaia De Giorgi, rispettivamente nelle parti di Lisandro, Demetrio, Ermia e Elena, a quella dei divertenti e coloriti artigiani, un carpentiere, un tessitore, un aggiustamantici, uno stagnino, un falegname e un sarto, impersonati nell’ordine da Elia Farinazzo, Pietro Ramello, Francesco Arecco, Matteo Alienda, Nina Canfora e Caterina Bussa. A completare la compagine segnalo i nomi degli altri interpreti: Iacopo Ferro nella parte di Egeo, severo padre di Ermia. Manca il solo Filostrato, nell’originale maestro di cerimonie della corte. Pregevoli sono pure le interpretazioni di Aurora Mileto, Francesca Bianco-Tonetti, Giulia Pastorino, Asia Damele, Angelica Girello, Maddalena Orlando, Caterina Bussa, Lorenza El Ghadbane e Cristina Gandolfo, nei ruoli di Seme di Senape, Ragnatelo, Fior di Pisello, Granello, la fata al servizio di Titania e in quelli delle altre fate. I due giovani registi orchestrano con equilibrio e sapienza l’interpretazione dei ventidue attori, ognuno dei quali offre una recitazione fresca che fa sì che lo spettatore goda di un copione che è una festa dell’intelligenza, dell’ironia e della fantasia. Roberto Trovato