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KONTAKTHOF – coreografia Pina Bausch

"Kontakthof", coreografia Pina Bausch. Foto Julien Benhamou, Opéra national de Paris "Kontakthof", coreografia Pina Bausch. Foto Julien Benhamou, Opéra national de Paris

Coreografia e messa in scena: Pina Bausch
Collaboratori: Rolf Borzik, Marion Cito, Hans Pop
Scenografia e costumi: Rolf Borzik
Adattamento della scenografia: Gerburg Stoffel
Adattamento dei costumi: Petra Leidner
Musica registrata di diversi artisti
Direzione artistica: Jo Ann Endicott
Direzione delle prove: Julie Shanahan, Breanna O’Mara, Franko Schmidt, Anne Martin
Prove per ruoli specifici: Andrey Berezin, Nazareth Panadero
Con le étoiles, i primi ballerini, le prime ballerine e il Corpo di Ballo dell’Opéra national de Paris.
PARIGI, Opéra national de Paris, Palais Garnier, dal 2 al 31 dicembre 2023

www.Sipario.it, 26 gennaio 2023

"L’unico vero linguaggio della danza": il debutto di Kontakthof al Palais Garnier
A pochi mesi dal recente ampliamento del repertorio coreutico dell’Opéra national de Paris con le recite di Mayerling che abbiamo seguito nel mese di novembre torniamo al Palais Garnier per un altro appuntamento che si inscrive nella consolidata prospettiva di offrire ai danzatori e al pubblico parigino la scoperta, l’indagine e la promozione di capitoli irrinunciabili del lungo corso storico dell’arte di Tersicore. In questo caso la scelta è ricaduta sulla ineguagliata creatività di Pina Bausch e sul suo Kontakthof, terzo titolo della coreografa tedesca ad entrare nel repertorio della compagnia d’oltralpe dopo Le Sacre du printemps e Orphée et Eurydice.
Creato nel 1978 a Wuppertal, lo spettacolo ha il palese intento di mostrare, senza trama e senza personaggi, l’ambiguità, la complessità e la spontaneità delle relazioni umane giovando di un supporto musicale che, in illo tempore, la direttrice del Tanztheater Wuppertal ha modellato attingendo a canzoni popolari degli anni Venti e Trenta del Novecento. Ambientata in una sala da ballo e ricorrendo a sparuti elementi scenici quali sedie, microfoni, un pianoforte, uno schermo cinematografico e un cavallo a dondolo l’azione si struttura intorno a gesti, contatti e movimenti più o meno articolati ed esplicitati in una modalità eterogenea che accosta la tenerezza, la violenza, il grottesco, la brutalità, l’amorevolezza. Non può che essere questa, d’altronde, la precipua caratterizzazione allorquando si opta, come in questo caso, per un’indagine sulla gioia, sul dolore e sui contrasti delle passioni umane mostrate nella loro solenne autenticità.
Una sfida di rilievo, questa, per i danzatori della massima compagnia di balletto francese abilissimi nel garantire al pubblico parigino una performance che ha altresì il merito di mostrare uno spaccato interpretativo non sempre percorso ma foriero di occasioni e opportunità per conoscere e scandagliare i preziosi rivoli dell’ossatura artistica dei danzatori coinvolti.
Merita, sotto questo rispetto, la menzione di Germain Louvet, étoile della troupe, che qui scopriamo nell’evoluzione di un interprete che dallo sguardo vitreo iniziale conduce per mano, lentamente ma marzialmente, lungo quel “campo di metafore” descritto da Bausch - come ama definirlo Jean-Marc Adolphe - nel quale leggere, rivivere e sperimentare malinconie, aggressioni, tenerezze ed euforie. Emerge, nei suoi tratti, la preziosa risorsa di una vulnerabilità che è così bella e così spontanea poiché abbraccia la nivea carezza della soavità e di quel vettore comunicativo che è disinvolto, senza filtri, immediato. I primi ballerini e il corpo di ballo selezionato per le ventuno recite di questa produzione dell’Opéra national de Paris in collaborazione con la Fondazione Pina Bausch e la partecipazione del Tanztheater Wuppertal sono brillanti artisti abili nel dimostrare che nulla è superfluo nella scrittura Bausch. Nei loro corpi dialogano efficacemente, infatti, le innumerevoli sfumature e letture di Kontakthof, in tre ore con loro abbiamo vissuto gli strati identitari ancora poco noti di artisti coraggiosi nel vivere il contagio emotivo folle e appassionato della pièce. Il pregio del lavoro di Bausch risiede, dopotutto, in questo orientamento della danza che si fa dialogo e ripensamento senza orpelli traducendo, rarefacendo e rimodulando linguaggi d’antan e vissuti quotidiani validi ancor oggi.
Rimontata dall’équipe del Tanztheater che a Parigi ha richiamato ben sei generazioni di nomi che sotto diversi rispetti hanno incontrato il vocabolario Bausch, lo spettacolo è, dunque, un dono da tornare a rispolverare e promuovere ovunque poiché “nell’unico vero linguaggio della danza” qui è in essere, finalmente, l’abbandono di frontiere. Si concede spazio alla fertile dialettica dei contrari che possono consentire di scoprire “altro”, sia esso nella leggerezza dell’ironia che nel dramma dell’angoscia, in ambedue i casi “nulla di superfluo”.

Vito Lentini

Ultima modifica il Sabato, 28 Gennaio 2023 17:38

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