Dramma giocoso in due atti su libretto di Jacopo Ferretti
Musica di Gioachino Rossini
Prima esecuzione: 25 gennaio 1817, Roma.
Libretto tratto dalla favola Cendrillon ou La petite pantouffe de verre di Charles Perrault
Don Ramiro, Antonino Siragusa
Angelina, Paola Gardina
Don Magnifico, Nicola Alaimo
Dandini, Nikolay Borchev
Clorinda, Floriana Cicio
Tisbe, Ana Victória Pitts
Alidoro, Ugo Guagliardo
Direttore, Aldo Sisillo
Regia, costumi Nicola Berloffa
Scene, Aurelio Colombo
Luci, Valerio Tiberi
Assistente alla regia, Veronica Bolognani
Assistente ai costumi, Gaia Tagliabue
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro Lirico di Modena
Maestro del coro Stefano Colò
Modena, Teatro Comunale, 22 dicembre 2020
(riservata alla stampa)
30 dicembre 2020
Operastreaming (canale youtube)
In questo scorcio di fine anno 2020, un anno inquieto e tormentato, è ancora assente il pubblico dai teatri, ma lo spettacolo deve saper andare avanti per salvaguardare il lavoro di tecnici ed impiegati, comprese le maestranze ‘aggiunte’ stagionali (sarte, macchinisti, elettricisti, attrezzisti…). Così le produzione transitano sullo streaming, appositamente creati, un segnale forte al pubblico sull’ importanza di dare una continuità alle attività culturali. La programmazione in streaming ha consentito, seppur solo in parte, di mantenere gli impegni presi con gli artisti (solisti, coro, orchestre) e con tutta la filiera produttiva che comprende, oltre personale del Teatro, anche fornitori del territorio. L’opera lirica italiana, quella fatta dai teatri di tradizione, resiste fortemente e continua a produrre: corre lunga la Via Emilia (ss.n. 9). A Novembre tra Piacenza e Modena si era assistito quasi ad una rassegna sull’opera barocca Aci, Galatea e Polifemo di Händel a Piacenza versus Dido and Aeneas di Henry Purcell a Modena. E anche in questo mese di dicembre, abbiamo assistito ad un doppio confronto, rossiniano, sempre tra i due teatri emiliani, con il Municipale di Piacenza che ha prodotto il Barbiere di Siviglia a fronte della Cenerentola del Teatro Comunale di Modena. Sul canale Operastreaming dei teatri dell’Emilia-Romagna, primo canale regionale dedicato alla trasmissione dell’opera lirica, si è visto il 20 dicembre il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, nella ripresa dell’allestimento tradizionale firmato nel 2005 per il Regio di Parma dal Maestro della regia Beppe De Tomasi, curato da Renato Bonajuto, coproduzione della Fondazione Teatro Regio di Parma e della Fondazione Teatri di Piacenza, costumi di Artemio Cabassi e luci di Michele Cremona.
Il 22 dicembre a Modena è stata allestita la Cenerentola di Rossini, con la regia di Nicola Berloffa, direzione musicale di Aldo Sisillo con l’Orchestra Filarmonica Italiana. In questa occasione il teatro ha dato la possibilità alla stampa di poter assistere alle riprese dello spettacolo, che sarà trasmesso per il pubblico globale sul portale regionale OperaStreaming il giorno 30 dicembre alle ore 20 (con sottotitoli in italiano e in inglese). Una sorte di malinconia si prova nel trovarsi nella platea svuotata dalle poltroncine, ammonticchiate nel foyer, le telecamere per le riprese nei vari angoli dell’ampio spazio ormai libero senza pubblico con accanto il tavolo della regia, il clavicembalo per i recitativi, sapere di non dover applaudire.
La favola è nota a tutti: ispirandosi a Perrault, Rossini scrisse La Cenerentola nel 1816, in soli 24 giorni, insieme al librettista Jacopo Ferretti. Ma nell’opera di Rossini scompaiono fate e zucche e al posto della matrigna c’è un simpaticissimo patrigno, Don Magnifico, caricatura del nobile decaduto e arrivista, che Rossini prende in giro bonariamente. Scompare la mitica scarpetta di cristallo; al suo posto Cenerentola lascia al principe don Ramiro in incognito uno “smaniglio”, ovvero un braccialetto, che permetterà il riconoscimento dell’amata. Il tutto tra scambi di persone, tra litigi scapigliati delle due sorellastre che si contendono il principe e monologhi comici in cui Don Magnifico dà sfogo a tutta la sua ignoranza, in cui si staglia il tenero amore tra il principe e la malinconica Cenerentola, unico personaggio savio in questo mondo un po’ folle. I due infine riusciranno a coronare il loro amore e la bontà, come recita il titolo, trionferà su tutto. Ne risulta un apologo morale, un divertissement raffinato con il risultato di essere, nel contempo, un melodramma con il duplice aspetto di opera buffa e dramma serio, il che permette letture molteplici: si possono sottolineare gli aspetti buffi o privilegiare quelli onirici, poetici, immateriali. Lo confermano le note a corredo del programma di sala redatte dallo stesso regista Nicola Berloffa “Ho cercato di leggere l’opera in una chiave forse più simile a quella voluta durante la composizione. Nessuna reinventazione moderna, nessun femminile stereotipo contemporaneo è presente. In scena c’è solo Cenerentola, una commedia borghese o forse meglio una storia di formazione, in cui i vincitori sono le buone maniere, l’educazione e la ragion pura. La vicenda si svolge in due set ottocenteschi ispirati al Royal Pavilion di Brighton, guardando verso la meraviglia e lo stupore estetico. Non ci sono maschere o caricature grottesche – non ce n’è davvero bisogno – il libretto, così ben scritto, di per sé funziona ottimamente; ci sono pertanto personaggi che svelano caratteristiche proprie umane e con esse sentimenti tali, consoni ad un’opera in cui assolutamente non è stata prevista la magia o il sovrannaturale. Le coincidenze, i casi, i travestimenti avvengono esclusivamente sotto la guida della Ragione, e la scelta della sposa perfetta alla fine sarà dettata dalla bontà e dall’esposizione di un sentimento puro. Nel definire e nel vestire i personaggi c’è un richiamo anche ai protagonisti de La Comédie humaine di Balzac, vero maestro nel tratteggiare a tinta viva i lati più umani dei singoli”.
C’è sempre un rischio che incombe su chi mette in scena la Cenerentola di confrontarsi con l’allestimento storico di Jean-Pierre Ponnelle (1971) e bravo quel regista che cerca altre strade consapevole che qua e là scappa qualche riferimento a tal allestimento, non per altro per gestire le entrate e uscite del coro con un sapiente gioco di porte e di passaggi segreti. Lo spettacolo in scena si attiene a quanto promesso, con una narrazione fluida e chiara sostenuto da una scenografia iconograficamente ricca di riferimenti di una Inghilterra, agli inizi dell’era vittoriana dei primi decenni dell’800. Costruita dallo scenografo Aurelio Colombo e realizzata dal team del Teatro Comunale coordinato da Keiko Shiraishi, si riconosce il Royal Pavillon di Brigton, a cominciare dalla sua cucina, così come il salone della festa, impreziosito dalle tele dipinte in stile chinoise di Rinaldo Rinaldi, il tutto sostenuto dalle luci pregevoli di Valerio Tiberi. Di conseguenza i costumi si attengono a questa ambientazione, appositamente creati dal regista stesso. Spettacolo che scorre fluido, come lo sfogliare un libro di fiabe illustrato per l’infanzia ricco di suggestioni e di minuziosi particolari. Dal punto di vista musicale lo spettacolo era dominato dalla coppia Don Ramiro, Antonino Siragusa, e Angelina, Paola Gardina. Ambedue sicuri nel loro ruoli, con Siragusa che ha dato prova di dominare le agilità della sua parte, svettando negli acuti e capace di fraseggio chiaro e robusto. Protagonista, il mezzosoprano Paola Gardina che ha mostrato di possedere un bel timbro chiaro e leggero, particolarmente interessante nella zona centrale, capace di un’ampia escursione vocale e di mostrare di attenzione nelle agilità della parte come nel canto spianato di ”Una volta c’era un Re” oltre nell’approccio alle agilità del rondò finale. A fianco le sorellastre, la Clorinda di Floriana Cicio, soprano, e la Tisbe di Ana Victória Pitts, mezzosoprano, brave nel delineare, tra il petulante e il curioso, due figurine come sbalzate fuori dalle pagine dei romanzi della scrittrice inglese Jean Austen.
Non perfettamente a fuoco con il personaggio, il Don Magnifico di Nicola Alaimo che mostra disagio nell’offrire una dimensione più da commedia che da comicità grottesca al patrigno, compromettendo così la resa “Miei rampolli femminini”, mentre più riuscito il duetto “Un segreto d ‘importanza” con Dandini, visto anche l’esito comico della scena. Come sottotono dal punto di vista vocale, nonostante l’impegno scenico e capacità attoriali, il Dandini di Nikolay Borchev, baritono con un importante curriculum alle spalle nei teatri europei. Prova altalenante quella offerta da Ugo Guagliardo quale Alidoro. Gran lavoro di Aldo Sisillo con l’Orchestra Orchestra Filarmonica Italiana che ha cercato di offrire una lettura ritmica e di far risaltare i vari cambi di stile musicale di cui è ricca la scrittura rossiniana, anche se si è lasciato sfuggire qualche perdita di ritmo negli assiemi. Buona la prova del coro Lirico di Modena, guidato da Stefano Colò.
Federica Fanizza