Opéra de Sergueï Prokofiev
Livret du compositeur et de Mira Mendelssohn d’après le roman de Léon Tolstoï
Créé en 1946 à Saint-Pétersbourg
Pour la première fois au Grand Théâtre de Genève
Co-production avec l’Opéra d’État hongrois
Direction musicale Alejo Pérez
Mise en scène Calixto Bieito
Scénographie Rebecca Ringst
Costumes Ingo Krügler
Lumières Michael Bauer
Vidéos Sarah Derendinger
Dramaturgie Beate Breidenbach
Direction des chœurs Alan Woodbridge
Prince Andreï Bolkonski Björn Bürger
Prince Nikolaï Bolkonski Alexey Tikhomirov
Princesse Maria Bolkonski Liene Kinca
Comte Ilia Rostov Eric Halfvarson
Natasha Rostova Ruzan Mantashyan
Sonia, sa cousine Lena Belkina
Comte Pierre Besoukhov Daniel Johansson
Comtesse Hélène Besoukhova Elena Maximova
Maria Akhrossimova Natascha Petrinsky
Anatole Kouragine Ales Briscein
Dolokhov Alexey Shishlyaev
Général Koutouzov Dmitry Ulyanov
Napoléon Bonaparte Alexey Lavrov
Colonel Denisov Alexander Roslavets
Platon Karataïev Alexander Kravets
Gavrila Alexei Botnarciuc
Chœur du Grand Théâtre de Genève
Orchestre de la Suisse romande
Grand Théâtre de Genève dal 13 al 19 settembre 2021
«Tutto il mondo si divide per me in due metà: una, lei, e lì tutto è felicità, speranza, luce; l’altra metà, dovunque non è lei, e lì tutto è sconforto e tenebra». Nel celeberrimo romanzo di L. Tolstoj con tali parole il principe Andrej Bolkonskij confidava all’amico Pierre Bezouchov il suo amore per la giovane Nataša Rostova. Un sentimento travolgente, che nell’inconciliabilità di fondo della guerra e della pace era destinato ad accendersi ed esaurirsi.
“Guerra e Pace” di Prokofiev è un’opera complessa, lenta ed eroica. L’impresa di traduzione musicale e scenica del capolavoro di Tolstoj è ancor più apprezzabile se si tiene conto dell’epoca nella quale fu composta. Creata a Leningrado nel 1946, la versione definitiva in tredici quadri ed epilogo fu realizzata al Bolshoi di Mosca solo nel dicembre 1959, preceduta nel 1953 da una fortunata rappresentazione (cantata in italiano) al Maggio Musicale Fiorentino, diretta dal maestro Artur Rodziński, con interpreti quali Ettore Bastianini, Rosanna Carteri e Franco Corelli. Solo pochi mesi fa invece, nel luglio 2021, per celebrare i centodieci anni dalla nascita del compositore e librettista Gian Carlo Menotti, il pubblico italiano ha potuto rivivere sulle reti RAI l’opera di Prokofiev nell’allestimento del 1999 per il “Festival dei Due Mondi” di Spoleto, con la regia del Menotti e di Roman Hurko, e la direzione musicale di Richard Hickox.
Fra gli interessanti elementi di questa versione ginevrina di “Guerre et paix” è la Mise en scène firmata da Calixto Bieito, direttore del Teatro Arriaga di Bilbao dal 2017. Ben restituisce l’immagine dell’aristocrazia zarista assisa nelle proprie convenzioni e restia ai cambiamenti il sontuoso salone rococò nel quale, in apertura di spettacolo, gli attori appaiono coperti da lunghi teli traslucidi, che lasciando solo velatamente riconoscere i personaggi restituiscono il sentimento di una società impolverata e ormai decadente. Un pari sentimento di disfacimento emerge quando l’intera scena si trasforma e con le sue pareti scomposte sembra cadere a pezzi, così come quando, nel secondo atto, gli attori costruiscono un modellino di palazzo per poi distruggerlo con le loro stesse mani. Un effetto straniante e foriero di angoscia è ricercato mediante alcune proiezioni video, nelle quali sequenze di volti distorti si alternano a immagini di nascita o altre tratte dalla natura; ad avviso di chi scrive, questo supplemento scenico non era necessario alla narrazione, essendo già ben modulato dalla partitura musicale di Prokofiev.
Accanto ad un’esecuzione orchestrale precisa e intensa, parole di merito per la performance vocale sono da rivolgere anzitutto ai due protagonisti: Ruzan Mantashyan con la sua presenza anima una vivace e irresistibile Nataša, giovane donna capricciosa e passionale; Björn Bürger veste meravigliosamente il ruolo del principe Nikolaj, restituendoci l’immagine di un uomo dal carattere complesso ma in fondo fragile, di cui, alla fine, non si può che piangere con commozione la sventurata morte.
Questa produzione, alla sua prima rappresentazione al Grand Théâtre de Genève, merita di essere valutata positivamente, non solo per il manifesto entusiasmo del pubblico in sala e il diffuso plauso della critica, ma anche e anzitutto per la raffinata scelta della sovrintendenza artistica del Teatro. Proporre in apertura di stagione un titolo operistico impegnato e di rado sulla scena internazionale è certo un atto di coraggio. Interpretabile come un desiderio di riscoperta della tradizione musicale, essa si carica forse anche di un valore catartico, poiché la riappropriazione dei luoghi fisici del Teatro e della meraviglia che ivi si realizza dopo un devastante silenzio è essa stessa, simbolicamente, un tableau di una contemporanea “Guerra e Pace”.
Selene I.S. Brumana