G. Fauré
Dolly, sei pezzi per pianoforte a quattro mani, Op. 56
Berceuse. Allegretto moderato
Mi-a-ou. Allegro vivo
Le jardin de Dolly. Andantino
Kitty-valse. Tempo di Valse
Tendresse. Andante
Le pas espagnol. Allegro
M. Ravel
Rapsodie espagnole, M.54, per pianoforte a 4 mani
Prélude à la nuit – Très modéré
Malagueña – Assez vif
Habanera – En demi-teinte et d’un rythme las
Feria – Assez vif
E. Chausson
Concerto in re maggiore per violino, pianoforte e quartetto d’archi, Op. 21
Décidé
Sicilienne. Pas vite
Grave
Finale. Très animé
C. Franck
Quintetto in fa minore per pianoforte e archi
Molto moderato quasi lento
Lento, con molto sentimento
Allegro non troppo, ma con fuoco
Sayaka Shojiì Violino
Quartetto Modigliani Ensemble
Benjamin Grosvenor Pianoforte
Beatrice Rana Pianoforte
Massimo Spada Pianoforte
Lecce - Chiostro del Rettorato 21 Luglio 2024
Iniziamo dalla fine ovvero quasi dalla fine. Ernest Chausson è il compositore che come Massenet, rivolse la sua attenzione di scrittura verso una ideale dimensione polifonica a carattere sinfonico nella stesura cameristica. Chausson appartiene a quei compositori di rara bellezza, dove le sue idee musicali diventano sonore, quindi una ricerca di una continuità in questo senso. E non il contrario. Nel caso del Concerto per violino, pianoforte e quartetto d’archi la sua idea giovanile sembra ingenua eppure è talmente moderna da essere considerata l’op. 21 come un vero e proprio capolavoro. Nel senso che da questa opera non ci si può discostare e soprattutto non è possibile considerarla come una vera e propria pietra miliare della musica contemporanea. Rara esecuzione quella della perfetta Sayaka Shoji, una di quei distintissimi esempi di equilibro fra tecnica ed espressività. Con lei il pianista Benjamin Grosvenor ed il Quartetto Modigliani. Ecco solo per chi non ha una grande dimestichezza con il mondo esecutivo classico non può non comprendere il grande parterre di questa esecuzione. Il Quartetto Modigliani è oggi uno dei gruppi cameristici talmente intelligenti e preparati da potersi permettere l’incursione con Chausson. Così come il pianista Grosvenor uno che vive come pochi una sintesi interpretativa tra romanticismo e modernismo. Un vero esperto. Quindi la loro esecuzione ha lasciato sgomenti in una ideale maratona dell’impressionismo francese, o anche del comporre francese ai confini con il tardo romanticismo. La sensualità interpretativa della Shoji è stata talmente intensa da far comprendere come Chausson avesse ben chiaro il progresso dello scrivere futuro. E’ questa opera assolutamente difficile, di notevole perizia. Ma è da qui che intendiamo partire per tornare a colui che in qualche modo si interessò a ciò che da concetto musicale potesse diventare suono ovvero Gabriel Fauré delizioso compositore, colui che seppe coniugare la dolcezza della decadenza ad una misura vicina alla sintesi contemporanea di Erik Satie. Cosa non facile ma lo stesso Ravel, il grande padre di questo periodo compositivo, non poteva fare a meno di pescare dagli ideali di Fauré. Ebbene Beatrice Rana e Massimo Spada hanno suonato una delle più deliziose sue composizioni, Dolly per pianoforte a quattro mani come se avessero in mente una vera recherche sonora. Dunqu in quel candelabro di soluzioni esecutive di cui è dotata Dolly loro hanno scelto certamente quella di ammaliare l’ascoltatore attraverso una dovizia di particolari di rara interpretazione. Come comprendere che Dolly è già Ravel è già Satie. E di più ne è certamente sicuro il compositore Basco che in una sorta di delirio compositivo, fra il tardo ottocento spagnolo e il futuribile ideale francese compone la Rapsodia Spagnola come se si trovasse in mezzo fra Skrjabin e Rachmaninoff. Strano quindi che due compositori sovietici possano essere così ispiratamente spagnoli. Infatti Ravel non può non prendere gli strani dogmi dei due citati compositori. Ravel è tale se tutto collima con una sorta di rumore interno. Quello che fa sembrare la Rapsodia una vera e propria matrice sonora del vissuto interiore. Pertanto di difficilissima esecuzione e di difficilissima resa, la Rapsodia nelle mani di Rana e Spada è stata come una malia sinuosa di una potenziale idea dell’epica raveliana. Sono stati in sintonia fin da subito nel comprendere che rendere questa composizione un crocevia di insinuanti compensazioni armoniche e non una mera tavolozza di tecnica pianistica. Bravissimi. Finale con il vero padre di tutto quello che è questo mistico viaggio francese pensato da Beatrice Rana. Se Chausson si fonda su una idea di sviluppo di sovrapposizione gregoriana verso un ideale sinfonismo, Cesar Frank riporta a casa quel valore tipicamente di chi ha il cuore in una eterna riforma come è tipico di questo scorcio di secolo francese. In quel suo capolavoro che è il Quintetto con pianoforte, Franck sa insinuare il dubbio che forse nella forma più antica e desueta si trova il vero senso del suono. Stranamente Franck come Chausson e Fauré sono considerati compositori che non sembrano lasciare il segno come Ravel e Debussy. Questo ad onta musicologica ci permette di comprendere come per l’ennesima volta l’idea di chiudere un festival come Classiche forme dedicando alla Francia cameristica sia il giusto senso di un percorso fatto di continuo spostamento del futuro prossimo venturo di quella pratica antica del suonare assieme. In una dimensione strabiliante di bellezza ed intensità emotiva. Come pochi luoghi fisici in Italia. Marco Ranaldi