di Giuseppe Verdi
Direttore Riccardo Frizza, Regia Mario Martone, Scene Sergio Tramonti, Costumi Ursula Patzak, Luci Marco Filibeck dal progetto di Pasquale Mari
Con Fabio Sartori, Sonia Ganassi, Maria Agresta, Michele Pertusi (17, 20, 23 apr.; 2, 5 mag.), Adrian Sampetrean (10, 14 mag.), José Maria Lo Monaco
Milano, Teatro alla Scala, dal 7 aprile al 14 maggio 2013
Oberto conte di San Bonifacio è la prima opera composta da Giuseppe Verdi, che ebbe il piacere di vederla esordire alla Scala il 17 novembre 1839 riscuotendo un buon successo, risultato non da poco per un debuttante di belle speranze. Si tratta di una creazione giovanile che lascia intravvedere il futuro percorso del compositore, tant'è vero che il musicologo Pierluigi Petrobelli la definisce: "l'aurora di un giorno radioso, che risplenderà quando Verdi si sarà impadronito dei mezzi musicali per dar vita teatrale al suo potente istinto drammatico." In quest'ottica è dunque proposta dal Teatro alla Scala nell'ambito di un'ampia panoramica dedicata al Maestro nell'anno del bicentenario della sua nascita, in modo da percorrere nella stagione 2012-2013 le tappe del suo cammino artistico dall'esordio nel melodramma dall'Oberto, concepita a soli ventisei anni, al Falstaff, sua ultima composizione all'età di quasi ottant'anni, passando attraverso Nabucco, Macbeth, Un ballo in maschera, Don Carlo, Aida.
Nella versione originale su libretto di Temistocle Solera la vicenda si svolge a Bassano nel 1228, dove sono imminenti le nozze di Cuniza, sorella di Ezzelino da Romano, e Riccardo, signore di Salinguerra. In un alternarsi di interni ed esterni, la vicenda prende però una piega imprevista. Mentre nel castello di Ezzelino fervono i preparativi, all'esterno Leonora, l'ex di Salinguerra, sedotta e abbandonata, medita vendetta insieme al di lei padre, Oberto. Introdottasi nel palazzo, riesce ad abbordare la fidanzata in pectore del farabutto e ad ottenerne comprensione e solidarietà femminile, al punto che la promessa sposa matura il proposito di riconciliare il fidanzato con la sua ex, perché riprendano la loro relationship. Riccardo finge di accettare, ma ha ben altro in mente: non contento di aver rovinato la vita a Leonora, le uccide pure il padre in duello. Hai voglia, poi, a chiederle perdono con una missiva ed a proporle la ripresa della love story «come ai dì del primo amore». La poveretta, divorata dal senso di colpa, ritenendosi responsabile della morte del padre, ha un crollo di nervi e non aspira ad altro che alla cella di un convento. E fa bene: gli uomini che mascalzoni! Per dirla con il titolo di un film di Mario Camerini interpretato dal giovanissimo Vittorio De Sica negli anni Trenta.
È a questo periodo, se non al decennio precedente, che Mario Martone, regista cinematografico oltre che teatrale, ha fatto riferimento per l'ambientazione dell'interno del palazzo, si direbbe in stile liberty, con sala riccamente decorata e scalone, mentre gli esterni ricordano una periferia urbana dei nostri tempi con ciuffi di vegetazione tutt'altro che rigogliosa su cui incombe una gigantesca gru da cantiere edile in funzione. Decisamente contemporanei anche i costumi: le dame sono strizzate in minigonne fascianti e jeans sdruciti, con stivaletti e sandali dai vertiginosi tacchi a spillo, mentre i cavalieri indossano giubbotti di pelle e imbracciano modernissimi mitra, a ricordare che Riccardo è un uomo d'armi, munito di guardia del corpo.
Le doti vocali degli interpreti, sotto la direzione di Riccardo Frizza, danno credibilità e spessore ad un'opera che merita di essere inserita nella collezione dell'estimatore verdiano: l'Oberto non è una delle creazioni più rappresentate del Maestro di Busseto, l'allestimento scaligero è dunque un'occasione da non perdere per inserire i tasselli mancanti del suo percorso artistico nella raccolta dell'appassionato melomane.
Myriam Mantegazza