di Teo Teocoli
con Teo Teocoli e la partecipazione della Doctor Beat Band
musiche eseguite dalla Doctor Beat Band,
con Katia De Felici, voce, Giulio Abiuso, chitarre, Max Ferro, batteria,
Matteo Magri, basso, Sandro Allario, tastiere
produzione High Beat – Top Agency Music
Vicenza, teatro Comunale, 12 febbraio 2022
Tanto Teo, tanta, tantissima musica nello show del comico milanese visto a Vicenza qualche giorno fa al teatro Comunale, davanti a un numerosissimo pubblico che, diciamolo subito, gli ha tributato e riconosciuto un grande successo. Questo già ridendo dalla sua prima apparizione sul palco, prima ancora dei saluti iniziali. Segno di grande affetto, indubbiamente, che non solo lo ha incoraggiato (lo spettacolo ripartiva dopo alcuni mesi di stop forzato) ma che gli ha fatto togliere dieci anni di vita, come lo stesso Teocoli ha dichiarato davanti a tutti i suoi ammiratori. Il comico, di provata, enorme esperienza, ha nell’improvvisazione uno dei suoi assi nella manica, sempre pronto a ogni evenienza a storpiare, ricucire, ingrassare una battuta, segnale di alta scuola davvero, di grande cabaret, provenienza derbyana e frequentazioni ammalianti, come Celentano e Enzo Jannacci. E’ in anni insospettabili che Teocoli si forma professionalmente, imparando a più non posso i segreti per stare in scena e far ridere, e non sorridere, la gente. Un amore, quello visto a Vicenza, reciproco, che si sublima da subito, dalle primissime battute senza mai fermarsi per circa due ore di spettacolo. Teocoli racconta gli inizi, gli anni insoluti di ragioneria, la vita in famiglia a Taranto che vedeva già allora qualche sua predisposizione allo spettacolo, come il cantare al Roxy Club. Oppure, più in là di qualche anno a Napoli, e a Torino con un’orchestrina, all’Hollywood. Il comico sa che non deve immalinconire, e infatti fa tutt’altro portando il suo one man show completamente da un’altra parte. Punta alla risata, quella divertita, vera, attraverso aneddoti e personaggi raccontando di quel mondo da epopea unica, tra i Sessanta e i Settanta. A seguire, un raccontino su Battisti, e Mogol, e uno lungo interpretando Ray Charles, sempre trattato con la consueta ironia, col pubblico già in piena estasi trasecolata. Altro segnale, questo, che il teatro dove è in ottima forma è vivo e la gente non aspetta altro di sedersi e divertirsi, concetto allargato sia che si parli di un comico di questa portata che di una tragedia spettacolare. Teo Ray Charles altro non è dunque che il portatore di benessere per due ore, dimenticando nevrosi e problemi, e di questo, a lui e al teatro come forma espressiva, bisogna dare atto. In qualità poi di ambasciatore della risata, probabilmente non si poteva trovare di meglio, nel senso che l’esperienza paga e si percepisce. Non molti, a dire il vero, i personaggi proposti e che in tanti sicuramente si aspettavano, infatti dopo il cantante americano non vedente, Teocoli, tra un siparietto musicale e l’altro di un’agguerrita Doctor Beat Band, e della sua vocalist Katia De Felici che egregiamente si mettono da parte quando tocca a lui, si propone come Celentano, quasi un alter ego. E lo fa con disinvoltura intonando canzoni come “Acqua e sale”, “Storia d’amore”, “Pregherò” (per la quale fa salire sul palco tre spettatori ad accompagnarlo) e “Prisencolinensinanciusol”, brano questo con cui si diverte sul testo impronunciabile, mettendo in crisi uno degli invitati sul palco (difficile era, caso mai, non trovarsi impacciati). Prima dell’avvento del suo personaggio più conosciuto, Felice Caccamo, la band suona un paio di pezzi di Pino Daniele, introducendo il magico mondo di Napoli. E’ un sanissimo spettacolo d’intrattenimento, quasi di quelli di una volta, con Teocoli che ben orchestra le sue partiture e i suoi collaboratori, in uno scambio però, di bella, emozionante collaborazione. E’ anche quasi un concerto, e questo è un peccato per i troppi personaggi assenti, ma siamo certi che torneranno presto. A Teo si perdona (e si riconosce, appunto) tutto. Chiusura baldanzosa e sgangheratamente folle, di grande improvvisazione e scuola cabarettistica con un’incursione nei ricordi spagnoli di Figueres della conoscenza fatta con il Maestro Dalì, e di un’adolescente Amanda Lear. Pubblico anch’esso d’altri tempi, il teatro conferma di essere ritornato alla grande ancora una volta.
Francesco Bettin