mercoledì, 02 ottobre, 2024
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TURANDOT - regia Valentina Carrasco

"Turandot", regia Valentina Carrasco. Foto Andrea Butti "Turandot", regia Valentina Carrasco. Foto Andrea Butti

Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
Musica di Giacomo Puccini
Direttore Jacopo Brusa
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Altri maestri del coro Davide Dell’Oca, Eric Foster, Arianna Lodi e Cristina Merlini
Regia e luci Valentina Carrasco
Scene e costumi Mauro Tinti
Assistente alla regia Lorenzo Nencini
Orchestra 1813
Coro 200.com
Coro di voci bianche del Teatro Sociale di Como
Personaggi e interpreti
Turandot Hanying Tso
Altoum Davide Capitanio
Timur Baopeng Wang
Calaf Max Jota
Lui Alessia Merepeza
Ping Junyeok Park
Pang Raffaele Feo
Pong Lorenzo Martelli
Un Mandarino Francesco La Gattuta
Nuova produzione Teatro Sociale di Como AsLiCo
Como, 27 giugno 2024

www.Sipario.it, 1 luglio 2024

Opera lirica, spettacolo nazionalpopolare. Lo spiegava Antonio Gramsci. Lo mettono in pratica a Como dove, da ormai molti anni, in estate il Teatro Sociale esce fisicamente dalla sua sede e, in quella che è stata ribattezzata Arena Teatro Sociale, mette in scena opere all’aperto. Con una particolarità: il coro (e i figuranti) non sono professionisti ma semplici cittadini che hanno aderito all’appello dell’istituzione, nel segno dell’inclusione e del recupero di quella caratteristica nazionalpopolare, appunto, del melodramma. L’idea, nata nel 2013, in occasione dei 200 anni del teatro, si chiama 200.com ed è partita con i Carmina Burana, concretizzandosi poi in titoli operistici veri e propri, anche molto impegnativi per il coro, come Nabucco, Aida e, quest’anno, Turandot. Non poteva essere altrimenti, visto il centenario pucciniano. 

Valentina Carrasco, chiamata a curare la regia di questo allestimento, in un certo senso ha ripreso e ulteriormente ampliato il significato dell’aggettivo “popolare”, scegliendo di ambientare la vicenda non nella Cina favolistica dell’originale ma nella Repubblica Popolare Cinese di Mao. Ecco dunque le scene e i costumi - curati entrambi da Mauro Tinti - che riportano con precisione a questa pagina della storia del Novecento (con tanto di libretto rosso orgogliosamente esibito dai coristi). Una grande scalinata coperta da un tappeto rosso, appoggiata alla facciata laterale del Teatro Sociale, diviene lo spazio dove si muovono la protagonista, Altoum e i vari dignitari di una corte che è quella del Partito Unico. Turandot stessa è la leader dittatoriale che, come accaduto per simili figure nel secolo breve (e continua purtroppo ad accadere oggi) - non solo opprime le masse ma è capace anche di incantarle. Proprio come succede a Calaf, un intellettuale che, pur rifiutando la crudeltà della dittatrice, ne è anche sedotto. Lui, suo padre e Liù provengono da un altro Paese, ma devono in qualche modo fondersi nella massa del popolo cinese. Almeno fino a quando Liù non decide di sfidare la paura con il suo sentimento d’amore. “È Liù che - spiega la regista argentina -, con l’esempio del suo sacrificio d’amore, guiderà i cuori di tutti verso una ribellione pacifica ma inarrestabile, che guiderà il popolo a voltare le spalle al potere e a intraprendere il cammino verso un futuro migliore”. Una riflessione calzante anche con il fatto che a Como si è scelto di chiudere l’opera laddove Puccini l’ha lasciata incompiuta, ossia alla morte di Liù.

Quella di Carrasco - che è donna di teatro intelligente e capace - è dunque una lettura convincente. Le tre maschere, ad esempio, nella loro scena a inizio secondo atto, scartabellano chini su squallide scrivanie di lavoro, sommersi di carte (la burocrazia, così utile al potere!) mentre il momento degli enigmi è risolto dalla regista come un violento interrogatorio subito da Calaf. Notevole anche la capacità di muovere i numerosi (oltre 200) coristi e figuranti, per di più, come detto, non professionisti. 

Davvero lodevole l’impegno di costoro, preparati da Massimo Fiocchi Malaspina e da Davide Dell’Oca, Eric Foster, Arianna Lodi e Cristina Merlini. Se l’esito musicale è necessariamente imperfetto, quello emotivo, teatrale e, in un certo senso, anche civile, è di assoluto rilievo.

Lo spettacolo era amplificato e, purtroppo, la qualità dell’audio penalizzava un po’ l’orchestra, mentre le voci dei solisti erano meglio percepibili. Ciò premesso, Jacopo Brusa ha guidato con polso ammirevole tutti i musicisti coinvolti, accompagnando sempre con sensibilità il canto e trovando un felice equilibrio tra la valorizzazione del particolare e la tensione dell’arco narrativo. Turandot è il soprano cinese Hanying Tso, voce ampia e “gelida”, accento partecipe, ma con gli estremi acuti un tantino duri. La Liù di Alessandra Merepeza, per converso, vanta un timbro morbido e rotondo, associato a una squisita sensibilità di interprete. Baopeng Wang è un Timur di voce davvero interessante per colore e spessore, così come ha ottimamente fatto Max Jota nei panni di un Calaf dal fascinoso timbro latino, omogeneo nei vari registri, squillante in acuto. Bravissime sia vocalmente che scenicamente le tre maschere: Junyeok Park (Ping), Raffaele Feo (Pang) e Lorenzo Martinelli (Pong). Molto bene anche gli altri: l’Altoum per nulla querulo di Davide Capitanio e il Mandarino di Francesco La Gattuta. Apprezzabile il contributo del Coro di voci bianche del Teatro Sociale.

Fabio Larovere

Ultima modifica il Lunedì, 01 Luglio 2024 22:49

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