di Mario Vargas Llosa
regia Carlo Sciaccaluga
con Lucia Lavia e Luigi Tabita
scene e costumi Anna Varaldo
musiche originali nogravity4monks
luci Gaetano La Mela
Foto di Antonio Parrinello
produzione Teatro Stabile Catania
Roma – Teatro India 31 gennaio – 4 febbraio 2024
Appuntamento a Londra di Vargas Llosa nella regia di Carlo Sciaccaluga somiglia a un duello fra quest’ultimo e l’autore. Cioè a dire: vediamo chi dei due avrà la meglio, chi riuscirà a partorire qualcosa di più bello. Dimenticando, in tutto ciò, che un’interpretazione sarà sempre una battaglia persa in partenza da parte dell’interprete, perché il testo avrà comunque la meglio. A meno che, nella trasposizione, non si decida di sciogliere il nodo drammaturgico fondamentale. Detto ciò, bisogna dire qual è il nodo di Appuntamento a Londra. Brevemente: due amici per la pelle, Luca e Nino, che fin dall’età della prima adolescenza hanno condiviso tutto (studi, sport, prime conquiste amorose, progetti per il futuro, tempo libero trascorso a pensare senza un vero perché), improvvisamente si perdono di vista. Nino scompare e non si farà mai più vivo. Luca, colpito e ferito, per un po’ cerca l’amico, prova a ricontattarlo anche andando a casa sua e chiedendo ai genitori notizie. Niente da fare. Nino, il fratello d’anima sembra essersi volatilizzato. Passa il tempo. Luca si trova in una bellissima stanza di uno dei più costosi hotel a Londra. È lì per affari. Poco prima di recarsi in una importantissima riunione, riceve la visita di una donna misteriosa. Donna che, si scoprirà, è la sorella di Nino. Sulle prime, Luca pare crederle. Ma qualcosa non torna. Poi, d’improvviso, ecco la rivelazione: Nino non ha mai avuto una sorella. E allora chi è questa donna? Senza svelare quello che succederà, l’altro interrogativo che la pièce di Vargas Llosa mostra è: chi è Luca? O meglio: chi è diventato e perché? Questo nodo drammaturgico essenziale è suscettibile di due letture. La prima: decidere di rispondere senza lasciare dubbi (noi siamo questo). La seconda: lasciare sospesa la risposta basando l’intera regia, e quindi anche l’interpretazione degli attori, su una questione (chi siamo veramente?) che pare a un passo dall’essere risolta e invece non si risolve. Il fascino e la forza della metafora. La regia di Sciaccaluga non ha deciso né per l’una né per l’altra soluzione. Si è limitata a corredare il testo di Vargas Llosa, dando suono e forma alle parole e alle immagini senza conferire loro un significato interpretativo profondo. Scenografia molto moderna, musiche e movimenti scenici tali da creare un’atmosfera inquietante ed una recitazione di Lucia Lavia, nel ruolo della presunta sorella di Nino, esageratamente infarcita di formalismi: vocalizzi eccessivi nel dire le battute e movimenti teatralmente poco credibili: tutto privo della giusta verità scenica. Molto bravo Luigi Tabita nel ruolo di Luca: più spontanea e sentita la sua interpretazione, mai sopra le righe, sempre equilibrata e con una buona e misurata gestione della mimica. Una chiave recitativa, la sua, che ha provato a ricercare e mostrare, senza risolverle del tutto, le fragilità del suo personaggio, rendendolo umano e non marionettistico come accaduto, purtroppo, nell’interpretazione di Lucia Lavia. Pierluigi Pietricola