di Arthur Miller
traduzione di Masolino d’Amico
Filippo Dini
con (in ordine alfabetico) Virginia Campolucci, Gloria Carovana, Pierluigi Corallo, Gennaro Di Biase, Andrea Di Casa, Didì Garbaccio Bogin, Paolo Giangrasso, Fatou Malsert, Manuela Mandracchia, Nicola Pannelli, Fulvio Pepe, Valentina Spaletta Tavella, Caterina Tieghi, Aleph Viola
Scene Nicolas Bovey
Costumi Alessio Rosati
Luci Pasquale Mari
Musiche Aleph Viola
Collaborazione coreografica Caterina Basso
Aiuto regia Carlo Orlando
Regia Filippo Dini
Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale/ Teatro Stabile di Bolzano/ Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, con il sostegno della Fondazione CRT
Stagione 2022/2023 Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman dal 22 al 27 Novembre 2022
Che gioia vedere un Arthur Miller che non sia il solito Morte di un commesso viaggiatore. Da quanti anni mancava sulle scene Il crogiuolo? Tantissimi. E vederlo ben fatto, sotto la regia sapiente e ironica, non eccessivamente tragica di Filippo Dini, affidandosi alla magnifica traduzione di Masolino d’Amico: tutto questo non può che acuire il piacere di andare al Quirino per più di tre ore mentre lo spettacolo vola sul palcoscenico leggero e potente.
Questo Crogiuolo riletto da Dini ha la capacità di apparire tragico mantenendo una sua leggerezza nel trattare un tema duro e importante come quello della caccia alle streghe avvenuta a Salem nel 1692. È noto che, attraverso questo avvenimento storico, Miller intendeva parlare, a modo suo, del fenomeno del Maccartismo: periodo oscuro e violento che segnò la storia degli Stati Uniti d’America negli anni Cinquanta, e che non a caso fu denominato “caccia alle streghe rosse”. Miller studiò tutte le carte relative alla vicenda di Salem. E ne trasse una commedia severa, dura, Il crogiuolo appunto, che ancora oggi – a dispetto di quanti pensano il contrario – ha una sua prepotente attualità.
Perché come diceva Umberto Eco, per fondare una società, così come una individuale personalità, il modo più facile è erigere un nemico al quale contrapporsi. Cosa quanto mai deleteria e pericolosa. Ma che succede se a farlo è uno Stato, con tutti gli organi che gli competono, compreso quello giudiziario? Riprendendo le parole conclusive dello stesso Miller: avviene che in questo modo lo Stato rinunzia alla sua nobile funzione di arbitro per divenire, appunto, un crogiuolo di ipocrisie, di indici puntati gli uni contro gli altri. E in nome di cosa? Di convinzioni false che finiscono per sovrastare fatti e persone, la loro dignità, le loro menti, il loro stesso spirito. Di questo tratta, in sostanza, la commedia di Miller.
Filippo Dini nella sua messinscena ha centrato in pieno il tema affrontato dal grande drammaturgo. E lo ha trattato senza alcuna frenesia nel volerlo attualizzare con i soliti espedienti: costumi e ambientazioni contemporanei. Rifacendosi alla lezione brechtiana dei classici, Dini si è concentrato sui personaggi: è partito dal loro spirito per arrivare fino ai nostri tempi. E lo ha fatto senza creare forzature nel testo, inutili modifiche che lo avrebbero ridicolizzato.
Ma c’è di più. Perché Dini ha allestito il suo Crogiuolo come un concerto sinfonico. Difatti gli interpreti, tutti bravissimi e pienamente in parte, hanno dimostrato di essere grandi attori per un fatto tutt’altro che scontato: dare voce all’autore attraverso le sue parole.
Ritmi recitativi serrati, sinuosi, altamente musicali, décalage sapientemente trattati, ironia giustamente espressa al punto da sottolineare la tragicità della vicenda rappresentata: sono questi gli elementi che hanno fatto di questa versione del Crogiuolo uno spettacolo che richiama alla memoria quelli storici del Piccolo firmati da Strehler.
Un vero capolavoro teatrale.
Pierluigi Pietricola