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DREAMS OVVERO SOGNI E INCANTAMENTI - regia Carlo Senesi

"Dreams ovvero sogni e incantamenti", regia Carlo Senesi "Dreams ovvero sogni e incantamenti", regia Carlo Senesi

Da Giambattista Basile 
Adattamento drammaturgico, regia, costumi Carlo Senesi
Con Franco La Sacra, Fabio Coluccino, Laura Trimarchi, Enrico Cenderelli, Loredana De Flaviis, Consuelo Benedetti,
Graziella Tufo, Paolo Paolino, Enrico Manfredino, Teresa Gandolfo, Daniel Mendez, Daniele Di Gregorio, Vincenzo Genduso 
Produzione Teatro dell’Albero
Borgio Verezzi, Grotte Valdemino, 14 agosto, 2024

www.Sipario.it, 15 agosto 2024

La LVIII Rassegna del Festival Teatrale di Borgio Verezzi si chiude con lo spettacolo in Prima nazionale, Dreams ovvero sogni e incantamenti, presentato nel suggestivo spazio ipogeo delle grotte Valdemino. Carlo Senesi ha scelto per questa particolare ambientazione l’opera più nota di Giambattista Basile, Lo cunto de li cunti, raccolta di cinquanta novelle in lingua napoletana e testo fondante del barocco italiano. La riscoperta di Basile ad opera di Benedetto Croce, ne ha sancito l’ingresso nel canone della letteratura maggiore e, periodicamente, la musica, il cinema ed il teatro si rivolgono a questa inesauribile fonte di soggetti drammaturgici in cui il magico ed il prodigioso entrano prepotentemente nel tessuto narrativo come nel caso di Roberto De Simone (La gatta Cenerentola), Peppe Barra (Lengua serpentina) e, più recentemente, di Matteo Garrone (Il racconto dei racconti). E, d’altra parte, non è possibile sottacere il sostrato etnoantropologico del Pentamerone di Basile che attinge a piene mani agli archetipi della nostra cultura: il rapporto alto/basso, l’aspetto scatologico, la cultura popolare, il carnevalesco di matrice bachtiniana, il continuo attraversamento, in entrambe le direzioni, all’interno del confronto uomo/animale e, ancora, l’irruzione dell’elemento fiabesco ed irrazionale. Esiste pertanto una modalità di fruizione di tali testi capace di produrre, mercé l’impressionante stratificazione, un autentico senso di vertigine e stordimento. Tutto ciò è sostenuto ed amplificato dalla lingua del Basile, capolavoro barocco in cui la agudeza e l’ingenio delle ardite metafore vanno a stimolare il piacere intellettuale dell’ascoltatore. Lo spettacolo ha puntato sulla messa in scena di quattro novelle, nello specifico: La cerva fatata e La pulce dalla «Prima giornata», La schiavetta dalla «Seconda» e La papera dalla «Quinta». Nelle prime due si narrano le folli decisioni di due re, il primo che fa uccidere un dragone e ne cucina il cuore dandolo poi in pasto alla moglie per renderla gravida; nella seconda un re alleva con cura ed affetto una pulce e, una volta morta, ne conserverà la pelle, promettendo alla figlia, in età da marito, che colui il quale indovinerà a quale animale sia appartenuta quella pelle, diverrà suo sposo. Il re è sicuro che nessuno mai indovinerà, ed infatti tutti i pretendenti falliscono, fino a quando non si presenterà un Orco che svelerà l’arcano. Il re, con sommo dispiacere suo e della figlia, dovrà consegnare all’orribile Orco la propria figlia in sposa. Nella Schiavetta abbiamo il disvelamento di Lisa, nipote del Barone che manderà in rovina una malvagia vedova che la schiavizzava ignorandone l’identità e infine nella Papera una coppia di poveri accudiscono una papera acquistata al mercato e questa, per ricompensarli, defecherà monete d’oro rendendoli ricchi, ma suscitando anche l’invidia dei vicini. Quattro storie che Senesi ha ritagliato su misura dei suoi attori, ma anche adattate ad un filo logico in cui i rapporti (tra le cose, le persone e gli animali) sfumano continuamente l’uno nell’altro, appaiono inafferrabili: non valgono calcoli o previsioni poiché l’elemento dell’alea e la magia sono sempre dietro l’angolo a portare scompiglio nelle vite dei personaggi: morti e resurrezioni, amori e ricchezze, fortune e sventure sono in un perenne processo di trasformazione e in ciò consiste forse la vera essenza della narrazione, del teatro e, finalmente, della vita.

La numerosa compagnia del Teatro dell’Albero ha recitato parti assai complesse (seppur tradotte in lingua), rendendo in modo efficace la poetica del Cunto de li cunti e in ciò aiutati anche dai bellissimi costumi e dalla naturale scenografia delle grotte. Il fondale, che ricordava un teatro dei burattini, ci riportava ad una dimensione infantile (il sottotitolo del Pentamerone è Lo trattenemiento de peccerille – Divertimento per i più piccoli –) quasi a sottolineare un divertimento insito nella narrazione, ma anche un riportare il tutto al contesto favolistico e narrativo quale soluzione ottimale per l’interpretazione dell’esistenza umana. Alla fine dello spettacolo, durato quasi due ore, il pubblico ha festeggiato gli attori con convinti appalusi. 

La conclusione di quest’edizione del Festival, che ha visto l’avvicendamento alla guida della manifestazione di Maximilian Nisi subentrato all’ottimo Stefano Delfino, può essere archiviata con bilancio assai positivo. Le intenzioni di Nisi, invitare il pubblico ad entrare nella «scatola magica» del teatro per ritrovare qualcosa della propria natura ed essenza attraverso le maschere recitanti, è stato, a nostro giudizio, pienamente centrato, così come gli spettacoli sono stati assai graditi dal pubblico e ne vorremmo sottolineare non solo la varietà di proposte (dai classici al teatro-canzone, dal dramma alla commedia grottesca), ma, soprattutto, l’alta qualità degli spettacoli cui abbiamo assistito e che costituiscono un buon viatico per la nuova gestione ed un augurio di lunga vita al Festival verezzino.

Mauro Canova

Ultima modifica il Sabato, 17 Agosto 2024 10:20

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