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FELLINI DREAM - diretto da Emiliano Pellisari

"Fellini Dream", scritto e diretto da Emiliano Pellisari "Fellini Dream", scritto e diretto da Emiliano Pellisari

scritto e diretto da Emiliano Pellisari
Interpreti: Graziano Piazza, Viola Graziosi, Martina Consolo
Danzatori acrobati: Mariana/P, Giada Inserra, Lara Di Nallo, Lea Giamattei, Lorenzo Covello. Scene
luci e costumi: Emiliano Pellisari
Coreografie e music design: Mariana/P
Scenografie: Marco Visone. Concept art: Bato
Assistente alla regia: Francesco Saverio Cifaldi
Produzione: Teatro Biondo di Palermo in collaborazione con la Compagnia NoGravity
Dal 7 al 12 dicembre 2021

www.Sipario.it, 9 dicembre 2021

Mi ricordo gli spettacoli passati su Kafka messi in scena da Giorgio Barberio Corsetti in cui i personaggi sembravano sbucare fuori per incanto dalla scena di fondo, abbarbicati o in gruppo fluttuanti in aria come in quelle pale in gesso o in marmo bianco dietro gli altari di nostre chiese barocche siciliane e non solo raffiguranti in altorilievo Cristi, Madone, Sante e Angeli. Anche il regista/musicista svizzero Marthaler in qualche suo spettacolo piazzava i suoi attori in alto sul fondo scena da farli sembrare degli acrobati. Adesso invece Emiliano Pellisari nella sua messinscena di Fellini dream, di cui cura pure scene luci e costumi, non ha bisogno di utilizzare le medesime tecniche con i suoi attori/ballerini. Gli è sufficiente collocare sopra la scena uno specchio grande quanto il palcoscenico spostandolo di 45 gradi, far distendere in terra i personaggi, farli muovere a seconda della coreografia scelta, ed ecco che i loro corpi appariranno riflessi sul fondale in piedi, riproducenti quei movimenti di braccia e gambe visibili così chiaramente da tutti gli spettatori. L’effetto, che sarebbe piaciuto molto ad Archimede di Siracusa, come si può capire è che si vedrà sul palco un numero doppio di interpreti e danzatori, che sembreranno volteggiare in alto come se volassero, colti in acrobazie senza pericoli perché si svolgono tutte al suolo. Quanto poi a dire che lo spettacolo, di due ore e venti con intervallo, il primo tempo su una scena nera il secondo su una scena bianca, forse un omaggio all’astrattismo geometrico di Malevič, prende le mosse dal film mai realizzato da Fellini titolato Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet, dove la G. sta per Giuseppe, mi lascia un po’ perplesso. Perché le sole liaison con quel progetto sono la protagonista Viola Graziosi nei panni di Federico al femminile che ha una valigia in mano che si muove nel mondo dei sogni come una Alice di Carrol o una Valentina e Baba Yaga di Crepax e il soprannome del personaggio detto Fernet che è un tipico nome di clown in sintonia con la clownerie dello spettacolo. Certamente Pellisari ricorderà o saprà cosa c’è dietro questa incompiuta di Fellini che s’è trascinato dal 1965 per quasi trent’anni sino alla sua scomparsa nel 1993. Un’incompiuta di cui aveva scritto la sceneggiatura nella villa che allora aveva affittato a Fregene, come ci ricorda Vincenzo Mollica sul mensile di fumetti Il Grifo di cui era direttore, il cui personaggio principale doveva interpretarlo Mastroianni (che sarà invece protagonista nel fumetto Viaggio a Tulum di Fellini-Manara, pubblicato sulla rivista Corto Maltese) ridotto poi a un semplice storyboard con protagonista Paolo Villaggio illustrato da Milo Manara. Si disse che Fellini, superstizioso all’ennesima potenza, uno che si faceva fare le carte e i tarocchi magari da maghe poppute, non fece mai il film perché i personaggi del racconto erano tutti morti e che poteva portare male. Dire di fare il film e poi non farlo era un po’ il modo per esorcizzare la morte, quell’eterna nemica che aleggiava su questo personaggino con valigia e una custodia di violoncello che torna a casa su un aereo che vola in mezzo alla bufera ed è costretto ad atterrare su una piazza del duomo d’una città europea. Tutti scendono dall’areo tramite scivoli di gomma compreso Mastorna che non farà parte del gruppo andato via in pullman, preferendo allontanarsi su una slitta. Giunto in un albergo d’antan viene riconosciuto dal direttore che gli offre da bere facendolo accomodare in un posto buono da dove potrà assistere all’esibizione d’una bella danzatrice del ventre. La quale ad un tratto torcendosi per terra darà alla luce un bambino, mentre Mastorna con una candela in mano si recherà al n.51 della sua stanza. Qui si metterà a suonare in braghe su una sedia non il violoncello ma un violino, non comprendendo ciò che un’annunciatrice televisiva in una strana lingua dirà su un disastro aereo e che truppe dell’esercito stanno cercando di raggiungere il relitto tra le montagne. Si ferma qui il racconto di Fellini. Tornando al Fellini dream rappresentato in prima assoluta al Biondo di Palermo, Emiliano Pellisare ha realizzato uno spettacolo circense con clown e acrobati, così cari a Fellini, capitanati da una coppia di Pierrot (Graziano Piazza e Lorenzo Covello) che guidano come Virgilio la Federica di Viola Graziosi in dimensioni oniriche e neuronali, dove i corpi fluttuano e levitano come fumo di sigarette e prende corpo un agguerrito quartetto di danzatrici che si somigliano tutte e quattro per fattezze fisiche (Mariana/P, Giada Inserra, Lara Di Nallo, Lea Giamattei) in grado di disegnare perfette geometrie bauschiane e rovelli escheriani, di riportarci forse a quella Roma papalina solo indossando lunghe vesti nere e copricapi da monachelle sensuali, di tirare verso l’alto un drappo bianco riproducente la sagoma del Rex del sempre vivo Amarcord. Avrebbe dovuto puntare su questi dream Pellisari, sul patrimonio filmico di Fellini invece di perdersi a volte in dialoghi noiosetti e scene che si ripetono allungando i tempi dello spettacolo che si chiude con le musiche festose di Nino Rota dell’osannato .

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Giovedì, 09 Dicembre 2021 18:19

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