Gruppo della Creta e Teatro Basilica
Drammaturgia di Anton Giulio Calenda
Regia di Alessandro Di Murro
Aiuto regia Tommaso Cardelli
Assistenti di regia Ilaria Iuozzo e Jessica Miceli
Luci Matteo Ziglio
Musiche Enea Chisci
Costumi Rita Guardabascio e Beatrice Nobili
Direttore di produzione Pino Le Pera
Coproduzione Fattore K
Ucronìa: Amedeo Monda, Laura Pannia
Soldato: Matteo Baronchelli, Alessandro De Feo
Teatro Basilica di Roma, Stagione 2021 - 9 Settembre 2021
Teatro che racconta il nostro presente, entrando nei suoi più angusti spazi dove luce non giunge, ma che qui non si ferma; perché spicca il volo e, grazie a un’immaginazione bene addestrata, si figura e dipinge un possibile futuro con lievità, ironia e grazia. Ecco spiegato, in poche parole, La regola dei giochi.
Arduo definire questo progetto nato dalla penna di Anton Giulio Calenda. Lo si può accostare, per similitudine, a un polittico. Cinque atti unici, ognuno indipendente ma legato agli altri. Il fil rouge non è svelato. Una voce fuori campo, all’inizio dello spettacolo, afferma: la vita è un gioco, a ognuno il compito di scoprirne la regola. Il sano principio di Disraeli: never explain, va così in scena alimentando la curiosità del pubblico, allettando gli animi più esigenti.
Ogni sera, sul palco del Teatro Basilica di Roma, replicando di mese in mese sino a dicembre, si rappresentano cinque atti unici della durata di quaranta minuti. I primi due cui si è assistito: Ucronìa e Soldato, si svolgono in epoche imprecisate.
Ucronìa narra di un futuro dove Google padroneggia sulla vita degli uomini regolando tutto: la nascita dei bambini, i cicli della natura, il clima, ciò che vi è nel cielo, le specie viventi. Distrutte le foreste, sciolti i ghiacciai, scomparsi i deserti. E tutto questo non per una misteriosa volontà metafisica imperscrutabile, ma secondo un preciso disegno razionale del gigante tiranno di internet. Laura Pannia, bravissima nell’interpretare una donna a metà via tra un robot e un essere umano dimidiato nella mente e nell’anima, è incatenata in un parallelepipedo psichedelico, sorvegliata, ammonita e punita da un guardiano impietoso e severo: un espressivo ed essenziale Amedeo Monda, che libera il suo golem solo per metterlo in una scatola da imballaggio e disfarsene.
Soldato si può immaginare svolgersi nel presente, dominato da una guerra condotta contro un nemico supposto, ma mai visto. I due soldati, persone senza nome, Matteo Baronchelli e Alessandro De Feo, girano di continuo attorno a un pentagono dal quale non escono mai: metafora, questa, che richiama alla mente gli spazi angusti di Finale di partita e che accentua la condizione assurda nella quale i più vivono privi di consapevolezza. Unico segnale dal mondo: una scatola che scende dal cielo recante dispacci. Uno di questi porta la lieta notizia che il militare impersonato da Matteo Baronchelli (attore bravissimo, espressivo, privo di stilemi recitativi, dalla voce potente e ottimamente gestita), avrà un figlio. Tanto basta per sottrarre da una schiavitù senza fine il soldato, che verrà ucciso dal suo compagno d'armi. Un mondo in guerra, non consente libertà. Essa è privilegio solo di chi ha il potere: esseri invisibili come il proprietario del Castello di Kafka.
Bellissima la regia di Alessandro Di Murro: fantasiosa ed essenziale, dove ogni parola è subito immagine, azione, espressione del corpo. Il tutto filtrato da vigile e matura riflessione.
Questo è teatro vero.
Pierluigi Pietricola