con Daniele Pecci, Mariangela D’Abbraccio
Di Tennessee Williams
Traduzione di Masolino D’Amico
Adattamento Pier Luigi Pizzi
Musiche Matteo D’Amico
Artigiano della luce Luigi Ascione
Regia e scene Pier Luigi Pizzi
E con: Giorgia Salari, Eros Pascale, Erika Poddu, Massimo Odierna, Giorgio Sales, Francesco Tavassi, Stefania Bassino
Roma - Teatro Quirino Vittorio Gassman Dall’1 al 6 Febbraio 2022
Il Tram che si chiama Desiderio firmato da Pier Luigi Pizzi non decolla. Nonostante la recitazione impegnata, vigile, attenta di Daniele Pecci e Mariangela D’Abbraccio, lo spettacolo non arriva al pubblico. Non s’individua quale lettura il regista vorrebbe trarre dall’opera più nota di Tennessee Williams (riproposta, per l’occasione, nella bellissima traduzione di Masolino D’Amico). Tutto sembra una letterale trasposizione di quanto scritto, e così facendo i personaggi mancano di spessore, ambiguità, forza drammatica. Stanley, per esempio: uomo rozzo, pratico, alcolizzato e giocatore, ignorante e all’occasione selvaggio ma in fondo non cattivo, così come appare interpretato da Pecci è appena abbozzato. Sfuriate che non riescono a raggiungere l’apice, gesta che s’intuisce subito non essere violente, una rudezza che sembra più di maniera che sostanziale. E venendo alla Blanche della D’Abbraccio: da donna ambigua, civetta, oscuramente perversa e con la pirandelliana corda pazza pronta a scattare, nell’interpretazione affidata alla Nostra attrice appare stanca, provata, quasi depressa; persino nei momenti in cui cerca di far valere il suo diritto ad essere felice, dovendo agire con forza e a tratti con veemenza, Blanche non fa che rivendicare il suo diritto alla vita, più per giustizia civile e politica che per questioni sostanziali che partono dall’anima stessa del personaggio.
Sviliti, dal punto di vista registico, i due protagonisti sul cui contrasto (verità-menzogna, buio-luce) la commedia di Williams s’impernia, lo spettacolo finisce per risentirne. Debolezza che trascina rovinosamente con sé anche la recitazione di tutti gli interpreti, soprattutto i principali. I quali pare stiano recitando come se avessero di fronte una telecamera; e quindi non accentuano in tonalità le battute, non si muovono sul palco in modo teatrale arrivando all’ultima fila della platea o in terza galleria.
Un tram che si chiama Desiderio intimo? Può darsi. Ma non era quello che si proponeva la commedia. La quale, come ricordato nel programma di sala, aveva l’intenzione manifesta di denunciare l’ipocrisia della famiglia come concepita nell’opulenta società americana, smascherandone i meccanismi tacitamente accettati da tutti ma da tutti intimamente rifiutati e in modo non meno falso.
Di ciò nulla appare nella regia di Pizzi. La quale si avvale di attori bravi come Daniele Pecci e Mariangela D’Abbraccio, che però non vengono qui usati al meglio delle loro capacità espressive. Anzi: essi vengono impiegati come se dovessero recitare su un set cinematografico.
Ma il teatro non è il cinema. È una forma d’arte che richiede rispetto di certe regole. Prima fra tutte, la verosimiglianza in luogo del realismo. Lezione che apprese anche Stanislavskij. Se Pizzi ne avesse serbato il ricordo, assieme alle esperienze della Compagnia dei Giovani, Pecci e la D’Abbraccio, da bravissimi attori quali sono, avrebbero regalato al pubblico del Quirino un’interpretazione eccellente e da brividi.
Pierluigi Pietricola